Il delitto di deformazione dell’aspetto della persona
L’articolo 12 c. 1 L. 19/7/2019 n. 69, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, c.d. codice rosso, ha introdotto nel codice penale una fattispecie autonoma del delitto di lesioni personali.
Sull’assunto che la lesione consiste nella malattia – processo patologico che determina un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo – nel corpo – riduzione apprezzabile della funzionalità collegata a un fatto morboso in evoluzione – o nella mente – alterazione traumatica, anche temporanea del sistema nervoso – il nuovo art. 583-quinquies recita:
Art. 583-quinquies
Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso
Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni.
La condanna ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.
Il reato è introdotto nella species “Dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale” di cui al Capo I, del genus “Dei delitti contro la persona”, del titolo XII del codice penale.
Il nuovo delitto, che integra un reato comune, punisce con la reclusione da 8 a 14 anni chiunque cagioni una lesione personale dalla quale derivino la deformazione o lo sfregio permanente del viso.
Il “viso” è la parte visibile del capo, che va dall’impianto frontale dei capelli fino all’estremità del mento e dall’uno all’altro padiglione auricolare, nonché le immediate zone di contorno che contribuiscono all’estetica.
La “deformazione” consiste nell’alterazione della simmetria, che rende il viso sfigurato, ridicolo o sgradevole (paresi facciale, eczema, mutilazione delle narici).
Lo “sfregio” si sostanzia nell’alterazione che turba sensibilmente la regolarità e l’armonia dei lineamenti (diradamento della barba o dei capelli, atrofia, rottura del setto nasale), restando irrilevante la possibilità di eliminare o attenuare il danno fisionomico mediante interventi di chirurgia estetica o altri mezzi.
Il secondo comma stabilisce, poi, che la condanna o il patteggiamento per il delitto de quo comporta l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.
Conseguentemente, il comma 3 dell’art. 12 L. 69/2019 ha proceduto ad abrogare dall’elenco delle lesioni personali gravissime, la corrispondente ipotesi concernente la “deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso”, recata dal n. 4 del comma 2 dell’art. 583 c.p.
Tale affrettata soluzione, tuttavia, non tiene conto del fatto che le lesioni personali possono verificarsi anche a seguito di una condotta colposa.
Infatti, l’art. 590 c. 2, II periodo, c.p., e, ancor più, l’intero art. 590-bis c.p., risultano strutturati sulle lesioni gravissime come definite dall’art. 583, tra le quali, oggi, non compaiono più le ipotesi de quibus.
Ne deriva, come conseguenza forse non voluta, che, in caso di deformazione o sfregio permanente del viso colposo derivante dalla violazione delle norme
– per la prevenzione degli infortuni sul lavoro,
– sulla disciplina della circolazione stradale,
– nell’esercizio della professione sanitaria,
la condotta potrà rientrare nelle lesioni lievi, o al più in quelle gravi, se la malattia dovesse superare i 40 giorni.
Avv. Fabio Piccioni
del Foro di Firenze
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