La compiuta identificazione della persona sottoposta a indagini e dell’imputato
Come si ricorderà l’art. 66-bis cod. proc. pen., introdotto dal D.L. 27/7/2005 n. 144, recante Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito con modificazioni nella L. 31/7/2005 n. 155, al fine di neutralizzare gli effetti negativi che possono derivare dall’erronea identificazione del colpevole e dall’incompleta conoscenza dei suoi precedenti penali, ha previsto un sistema di verifica dei procedimenti a carico dell’imputato.
La L. 134/2021 reca specifiche disposizioni volte ad assicurare la compiuta identificazione di alcune categorie di persone sottoposte a procedimento penale:
– apolidi,
– persone delle quali sia ignota la cittadinanza,
– cittadini di uno Stato non appartenente all’Unione europea,
– cittadini dell’Unione europea privo del codice fiscale o che siano attualmente, o siano stati in passato, titolari anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea.
L’art. 349 cod. proc. pen. prevede che la polizia giudiziaria procede all’identificazione della persona indagata e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
Soltanto per l’identificazione dell’indagato può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici, nonché altri accertamenti.
La novella recata dall’art. 2 c. 8 L. 134/2021, al fine di assicurare una compiuta identificazione di alcune categorie di persone sottoposte al procedimento penale, aggiunge due periodi al comma 2 dell’art. 349 cod. proc. pen.
Conseguentemente, all’identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini si deve procedere sempre eseguendo rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici, nonché altri accertamenti (presenza di cicatrici, segni particolari o distintivi, peculiarità corporali), quando si proceda nei confronti di persone appartenenti alle categorie sopra citate.
In tal caso, la polizia giudiziaria deve trasmettere al pubblico ministero copia del cartellino fotodattiloscopico e comunicare il codice univoco identificativo (C.U.I.) dell’indagato, che confluirà nel fascicolo per il dibattimento, al fine di garantire la sicura riferibilità del procedimento allo straniero, indipendentemente dalle generalità dichiarate eventualmente anche sotto altra identità onomastica (alias).
Ai sensi dell’art. 2 Decreto Ministero Interno del 12/5/2017, il C.U.I. è un codice alfanumerico generato in automatico dal sistema AFIS (Automated Fingerprint Identification System) per l’identificazione delle impronte digitali, legato univocamente alla persona sottoposta a fotosegnalamento o a prelievo di campione biologico. Il C.U.I., restituito all’esito del procedimento di identificazione biometrica insieme alla lista dei precedenti dattiloscopici, consente la sicura riferibilità di un procedimento a una determinata persona.
La novella – previo adeguamento della legislazione interna al Regolamento (UE) 2019/816, che istituisce un sistema centralizzato per individuare gli Stati membri in possesso di informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi e apolidi (ECRIS-TCN) e integrare il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali – favorisce la circolazione tra gli Stati membri dei flussi informativi sull’identificazione degli indagati e imputati, anche attraverso i dati rilevati dalle impronte digitali.
A tal fine si ricorda che:
– ai sensi dell’art. 5 commi 2-bis e 4-bis D.Lgs. 25/7/1998 n. 286, recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, lo straniero che richiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi foto dattiloscopici;
– ai sensi degli artt. 4 e 8 Regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell’11/12/2000, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino, si procede al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di ogni richiedente asilo di età non inferiore a 14 anni e degli stranieri di età non inferiore a 14 anni, che siano fermati dalle competenti autorità di controllo in relazione all’attraversamento irregolare via terra, mare o aria della propria frontiera in provenienza da un paese terzo e che non siano stati respinti;
– l’art. 2 c. 7 D.L. 9/9/2002 n. 195, recante Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, convertito con modificazioni dalla L. 9/10/2002 n. 222, ha esteso anche nei confronti dei cittadini italiani, all’atto della consegna della carta d’identità elettronica, la sottoposizione a rilievi dattiloscopici.
L’art. 349 cod. proc. pen. è stato, poi, oggetto di modifiche da parte del D.Lgs. 150/2022 – in vigore dal 30/12/2022 – che, all’art. 17 c. 1 lett. a), ha interpolato il comma 3 prevedendo che, in sede di identificazione, la P.G. invita l’indagato non solo a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell’art. 161 cod. proc. pen. – anch’esso modificato dall’art. 10 c. 1 lett. o) D.Lgs. 150/2022 – ma anche a indicare il recapito della casa di abitazione, del luogo in cui esercita abitualmente l’attività lavorativa e dei luoghi in cui ha temporanea dimora o domicilio, oltre che a indicare i recapiti telefonici o gli indirizzi di posta elettronica nella sua disponibilità.
Simmetriche modifiche sono apportate agli artt. 66 c. 2, 431 c. 1 lett. g) cod. proc. pen. e 110 disp. att. cod. proc. pen.
Avv. Fabio Piccioni
del Foro di Firenze
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