Il gareggiamento in velocità
L’art. 141 c. 5 C.d.S. imposta il divieto ai conducenti di gareggiare in velocità, su strade e aree pubbliche.
La previsione è complementare, ma diversa, a quella concernente le competizioni sportive senza autorizzazione di cui all’art. 9-bis: infatti, la contesa tra conducenti sulla velocità, non è da considerarsi competizione sportiva su strada, in quanto manca il requisito dell’illecito allestimento dell’organizzazione.
L’elemento differenziale tra il fatto di chi partecipi su strada a una competizione sportiva, pur essendo consapevole che non è stata rilasciata la relativa autorizzazione, e il fatto di chi gareggi in velocità, consiste rispettivamente nell’esistenza o meno di un’organizzazione a carattere sportivo che si identifica con una serie di attività preliminari aventi un fine sociale.
La gara (contesa o scommessa) consiste in una serie di comportamenti di guida non giustificati (sorpassi azzardati e manovre di ostacolo per il sorpassante, da cui deriva un vicendevole condizionamento delle modalità di guida) e atteggiamenti provocatori realizzati con manovre pericolose, che rendono manifesta la volontà del conducente di primeggiare sugli altri, in spregio dell’incolumità degli utenti della strada.
Non è necessario che ci sia stato un esplicito e preventivo accordo (sfida), essendo sufficiente l’intesa (tacita e reciproca) tra due o più conducenti, che possono anche non conoscersi, sorta progressivamente nel corso della circolazione (anche solo per un breve tratto di strada); conseguentemente, la volontà di gareggiare può essere desunta da elementi indiziari, da interpretarsi ai sensi dell’art. 192 c. 2 c.p.p.
Si pensi ai conducenti di due vetture ferme al semaforo che, con intesa immediata, decidano di sfidarsi in velocità.
Ai sensi del combinato disposto dei commi 9, prima parte, e 10 dell’art. 141, la violazione del comma 5, per coloro che gareggiano in velocità con veicoli non a motore, comporta una sanzione amministrativa pecuniaria, se si tratta di gara ciclistica o se si tratta di conducente di animali.
L’art. 9-ter C.d.S. – che sarebbe stato più opportuno inserire in un articolo supplementare all’art. 141, piuttosto che all’art. 9-ter visto che, come detto, l’ipotesi de qua non ha nulla a che vedere con la competizione sportiva – prevede come delitto il garggiamento con veicoli a motore.
Infatti, il comma 1 punisce con la reclusione da 6 mesi a 1 anno e con la multa da 5.000 a 20.000 euro, chiunque gareggi in velocità con veicoli a motore.
Diversamente da quanto espressamente previsto dall’art. 9-bis, c. 4, non è prevista l’ipotesi di scommesse clandestine.
Il comma 2 stabilisce che, se dallo svolgimento della competizione deriva una lesione personale, la pena è della reclusione da 2 a 5 anni; tale pena aumenta ulteriormente, da 6 a 10 anni, se deriva (comunque) la morte di una o più persone.
Ogni conducente che partecipi alla gara è chiamato a rispondere, a titolo di concorso, dell’ipotesi di cui al comma 2, a causa dell’imprudenza anche di un solo guidatore.
L’accettazione della sfida e la partecipazione alla gara sono, infatti, da ritenersi concause del danno prodotto dal singolo concorrente e come tali sufficienti ad affermare la responsabilità degli altri partecipanti. Non si tratta di responsabilità per fatto di terzo, ma di responsabilità per fatto proprio, in cui la colpevolezza del partecipante che non ha commesso materialmente il fatto, consiste nell’aver concorso (tanto a livello materiale, quanto a livello morale) a determinare il comportamento pericoloso dell’altro conducente che ha concretamente posto in essere il fatto criminoso.
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L’accertamento della gara risulta di difficile riconoscimento e, conseguentemente, di difficile contestazione. Si tratta di un giudizio relativo, rimesso in prima istanza agli organi di polizia stradale – i quali dovranno citare nella comunicazione della notizia di reato, tutte le fonti di prova, le specifiche contingenze del caso concreto e le logiche deduzioni in base alle quali hanno valutato l’esistenza di una gara – e poi al giudice. In special modo, per la determinazione a posteriori della sussistenza della violazione de qua a carico di un veicolo coinvolto in un incidente, non esiste un procedimento logico o tecnico unico e tassativo, ma l’accertamento deve essere dotato di sufficiente valore probante e sottoposto a un adeguato vaglio critico.
Trattandosi di delitto doloso, non sarà sufficiente contestare l’eccesso di velocità, la mancata precedenza o il mancato arresto allo stop e/o al semaforo rosso – meri illeciti amministrativi – ma risulterà necessario, provare la coscienza e volontà dei contendenti di porre in essere una serie di condotte che denotano l’intento di imporsi nella gara. Così, l’organo accertatore potrà evidenziare il reato specificando, per esempio, la posizione dei veicoli rinvenuti al momento dei rilievi, gli spazi di frenata, le tracce lasciate dallo slittamento dei pneumatici sull’asfalto che denotino il procedere affiancati per un lungo tratto, ecc.
Avv. Fabio Piccioni
del Foro di Firenze
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