Il traffico di influenze illecite
Art. 346-bis. Traffico di influenze illecite
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli artt. 318, 319 e 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’art. 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’art. 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’art. 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’art. 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.
Il delitto inserito nell’art. 346-bis c.p. dalla L. 6/11/2012 n. 190, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, introduce un’ipotesi di millantato credito posta sotto la lente d’ingrandimento della realtà.
Mentre, infatti, il millantatore simula, rappresentando ingannevolmente, di vantare un credito, in realtà non goduto, nei confronti del funzionario pubblico, di talché l’attività non si verifica; il “trafficante” di influenze sfrutta e mette a frutto «relazioni esistenti» in modo da realizzare effettivamente la propria mediazione.
Successivamente, la L. 9/1/2019 n. 3, recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici, al fine di evitare le difficoltà nell’esatto inquadramento della fattispecie concreta, nell’abrogare il delitto di millantato credito, ha rimodulato completamente l’art. 346-bis, che assorbe anche il vecchio art. 346.
In relazione alla condotta di chi, vantando un’influenza, effettiva o meramente asserita, presso un pubblico ufficiale, un incaricato di un pubblico servizio o i membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri, si faccia dare denaro e/o altre utilità come prezzo della propria mediazione, sussiste piena continuità normativa tra la fattispecie di cui all’art. 346 c.p. formalmente abrogata dall’art. 1 c. 1 lett. s) L. 9 gennaio 2019, n. 3, e la fattispecie di cui all’art. 346-bis c.p., come novellato dall’art. 1, comma 1 lett. t), stessa legge (Cass. Pen., sez. VI, 30/4/2019, n. 17980).
Grazie alla clausola di riserva, se a seguito dell’illecita pattuizione si verifichi la corruttela, tutti i partecipi – privato, trafficante e pubblico ufficiale – risponderanno di concorso in corruzione; in tal caso, resterà assorbita la fattispecie del reato in esame.
Dunque, il delitto di traffico di influenze, di cui all’art. 346-bis c.p., si differenzia, dal punto di vista strutturale, dalle fattispecie di corruzione per la connotazione causale del prezzo, finalizzato a retribuire soltanto l’opera di mediazione e non potendo, quindi, neppure in parte, essere destinato all’agente pubblico (Cass. Pen., sez. VI, 6/8/2020, n. 23602).
La nuova norma, nel colpire le condotte prodromiche, punisce oggi il venditore di influenze illecite che sfrutta o “vanta” relazioni esistenti o “asserite” (id est veritiere o mendaci) con il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio rispetto ai fatti di cui all’art. 318 – corruzione per l’esercizio della funzione – ed estende il prezzo dell’intermediazione illecita ad “altra utilità” (anche di natura non patrimoniale).
L’attività preparatoria posta in essere in relazione ai fatti di cui all’art. 319 – corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio – invece, viene spostata all’interno del comma 4, con estensione della circostanza aggravante speciale, a effetto comune, già prevista per l’ipotesi in cui il fatto sia commesso in relazione all’esercizio di attività giudiziarie (ex art. 319-ter).
Il comma 3 prevede un’ulteriore aggravante se il mediatore riveste la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
L’ultimo comma contempla una circostanza attenuante per i fatti di particolare tenuità.
Avv. Fabio Piccioni
del Foro di Firenze
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